FUORI TUTTI DALLE GALERE! |
"Ma che razza di delinquenti... e c'è chi li
difende... sai che penso?
Penso che tu sei come loro e se dipendesse da me...
tutti sotto chiave,
dietro le sbarre... regime duro e non come adesso...
televisione, aria
condizionata, vita comoda... pure le donne in cella
vogliono... e chi
paga? Pago io, paga la gente onesta, la gente che lavora,
la gente che
la mattina si alza alle cinque e mezza come me!"
Così
Salvatore, detto Toto, onesto lavoratore, infermiere e padre di
famiglia,
argomentava sul pestaggio di Sassari del tre Aprile scorso ad
opera di un
manipolo di "zelanti agenti di polizia penitenziaria ai
danni di alcuni
detenuti "rivoltosi" radunati presso la "rotonda" del
carcere come cani
malati di rabbia.
Ed io a Toto:
"Salvatò... cazzo dici! Ci sono delle
regole pure lì dentro... o no?"
Gli ambienti di lavoro, nel nostro caso
l'ospedale, sono terreno di
scambio, di comunicazione tra persone diverse per
livello professionale,
per ceto, per sesso, per generazione; questi processi
di fusione,
contatto, contaminazione, sono a tutti gli effetti esperienze
culturali
e spaziano nei luoghi più disparati: l'efficacia di un
intervento
terapeutico, i rapporti con un Primario esigente e, diciamo
così,
dittatore e narciso, o ancora l'alienazione della routine
della
professione ma anche, perché no, magari in un momento di quiete
nel
turno di notte, il recente bombardamento NATO in Kossovo ed il
prezzo
che questa operazione di "ingerenza umanitaria" ha prodotto in
termini
di vite umane, o anche l'ultimo libro di Sepulveda,
l'emergenza
immigrazione, il sistema carcerario...
E' in uno di questi
momenti che io e il mio collega Salvatore, detto
Toto, abbiamo scambiato
opinioni, o meglio, ci siamo scontrati con forza
ed energia, abbiamo
sussultato come ultrà di una curva, ci siamo
guardati negli occhi e ci siamo
conosciuti a fondo, abbiamo dichiarato
finalmente le nostre appartenenze, le
nostre religioni, abbiamo lottato
brandendo le armi della voce grossa,
dell'articolo del quotidiano, della
citazione colta.
Cosa resta della
battaglia tra noi due cavalieri indomiti e con qualche
macchia se non la
possibilità di riflettere poi, separatamente, sulle
strategie adottate, sulle
posizioni dell'avversario, su un nuovo modo di
continuare ad esserci, ad
esistere in una società, in un mondo che
comunque tutti, amici e nemici,
vogliono cambiare?
Il mio amico e
collega Salvatore, detto Toto, si dichiara vicino agli 82
agenti di polizia
penitenziaria accusati a vario titolo di pestaggio e,
con essi, ai sindacati
di categoria che protestano ed organizzano
manifestazioni davanti ai
penitenziari di tutta Italia. Gli slogans
fanno riferimento alle
insopportabili condizioni di lavoro,
all'emergenza criminalità, al
sovraffollamento, agli atteggiamenti
rivoltosi dei detenuti, ai salari
inadeguati, alla necessità di
autodifendersi, al diritto
all'incolumità...
I fatti ci dicono che gli 82 agenti-giustizieri sono stati
in prima
battuta arrestati scatenando la rabbia del mio amico Toto che
giudica
"vergognoso" il comportamento degli inquirenti responsabili ed a
nulla è
valso il mio continuo ricordargli che le motivazioni che inducono
un
magistrato a disporre la preventiva carcerazione di un
presunto
innocente non sono esercizi di fantasia di quel giudice ma atti
che
rispondono ad una logica definita dai codici.
Ma il collega Salvatore,
detto Toto, sordo alle mie piccole citazioni
tirate fuori dalle rimembranze
scolastiche e, più precisamente, della
bella ed inutile materia di
"educazione civica" (esiste ancora tra i
programmi ministeriali?), è dritto
come un soldato e con l'indice
rivolto minacciosamente contro la mia persona,
grida che metterebbe le
sue mani ( e qui serra i pugni come un boxer) al
collo di quei
"politici" che hanno determinato la depenalizzazione per alcuni
reati;
urla così forte Toto che non riesce a sentirmi quando gli dico che
il
responsabile del suo furore è tale Simeone, deputato A.N., che
presentò
tale legge al Parlamento che in seguitò approvò.
E che dire poi, caro il mio collega, dei numeri così
significativi? Su
54.000 detenuti costituenti l'attuale popolazione
carceraria in Italia,
28.000 sono extracomunitari, 14.000 sono
tossicodipendenti.
Ma questo il collega Salvatore, detto Toto, non lo sa come
non sa chi è
Cesare Beccaria o cos'è la cultura della gestione dell'ordine
sociale
come fenomeno complesso; per questo Toto auspica
interventi spiccioli ma
violenti che originano da sentimenti di paura e
paranoia e non già dalla
riflessione e dalla capacità di riconoscere come
diversi tra loro
mafiosi, extracomunitari, pedofili, politici corrotti,
malati mentali,
tossicodipendenti, spacciatori, senzatetto,
sieropositivi.
In questa follia delirante, il "fenomeno" non è analizzato nel
suo
contesto, voglio dire come effetto
globalizzato di un pianeta alla
frutta ove la dignità della "merce" è fatto
più importante della dignità
degli individui ma anzi, quel che accade produce
disorientamento sociale
ed è letto immediatamente come emergenza: c'è
l'emergenza mafia,
l'emergenza pedofilia, l'emergenza AIDS, l'emergenza
corruzione e così
via in un Paese che diviene una sorta di Pronto Soccorso di
un
ospedale dove non funziona nulla.
Il paradigma
fenomeno-emergenza-paura, trova la sua naturale conclusione
nell'atto
repressivo, segregazionista, giustizialista, realizzando una
ideologia della
sicurezza, una mistica dell'ordine sociale che tutto fa
tranne che portare a
soluzione i problemi: trattare un tossicomane come
un criminale, non risolve
"l'emergenza droga", affondare battelli
carichi di profughi della speranza,
non risolve "l'emergenza
immigrazione", costruire carceri speciali,
ingigantire le pene, pestare
i detenuti "rivoltosi", non risolve i problemi
della criminalità o,
tanto meno, quelli della categoria degli agenti di
polizia
penitenziaria.
Ancora, ripensare la legge 180, ricostruire i
manicomi con nomi diversi,
ricorrere all'elettroshock e al T.S.O. come
strumenti terapeutici non
risolve "l'emergenza psichiatrica".
Nulla risolve l'emergenza perché questa non esiste, è un
falso della
storia della società così globalizzata ove, chi la abita, lontano
da
culture solidali e di tolleranza, difende armato ciò che possiede
ed
ammalato dell sua follia paranoica, vede sé stesso circondato da
nemici
che non esistono.
Il collega Salvatore,
detto Toto, crede che io sia suo nemico eppure non
sa che, per lui e quelli
come lui, io non
esisto.
Lorenzo Marvelli