L'Infermiere espatriato nei Paesi in via di sviluppo: Cosmopolita critico ed illustre sconosciuto

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RISULTATI DELLA RICERCA

 

Il profilo professionale dell'infermiere espatriato nei P.V.S.  (1)

In seguito al primo invito (tramite comunicazione epistolare), soltanto dieci delle quaranta Ongcontattate hanno risposto all'invito e di queste solo la metà l'ha fatto per iscritto. Con quattro delle dieci Ong che hanno risposto, è stato possibile stabilire un appuntamento presso le loro sedi10, dove un responsabile si è reso disponibile ad un colloquio-intervista. In un secondo momento, allo stesso campione di Ong, sono state richieste informazioni circa il numero d'infermieri, anche approssimativo, che almeno negli ultimi tre anni (1995-1998) avesse partecipato alla realizzazione dei progetti di cooperazione italiana allo sviluppo, sia nella progettazione, sia nella realizzazione degli stessi. Purtroppo, solo il 12,5% delle Ong interpellate ha fornito notizie relative alla richiesta di cui sopra e, stando ai dati forniti dalle suddette, i progetti di cooperazione degli ultimi tre anni hanno richiesto la partecipazione di 65 infermieri. Di questi, soltanto cinque sono stati raggiungibili. Per quanto concerne il campione di infermieri cui è stato sottoposto il questionario, l'80% di essi ha risposto nei termini previsti e descritti nello stesso questionario. In un secondo momento, come ampiamente descritto e giustificato in precedenza, è stato inviato alla stessa popolazione osservata un successivo strumento di rilevazione dati, costituito da cinque domande a risposta aperta, con la finalità di integrare quello precedente. A quest'ultimo invito ha risposto il 50% della popolazione precedentemente osservata, ossia dodici dei ventiquattro infermieri che avevano risposto al primo questionario' . Premesse fatte, osserviamo ora il profilo dell'infermiere espatriato nei P.V.S. Il ruolo e la funzione specifica dell'infermiere impegnato nei Paesi in via di sviluppo è determinato, in parte, dagli stessi scopi e principi della cooperazione sanitaria italiana che, a loro volta, discendono dal significato essenziale della cooperazione internazionale. Questo rende comprensibile è giustifica il lungo percorso descrittivo ed analitico, sin qui effettuato. Nonostante la fragilità e la limitatezza degli strumenti e dei riferimenti teorici di cui la ricerca ha potuto disporre, la ricorrenza e la centralità delle tematiche emerse dall'indagine descrittiva-esplorativa fin qui condotta (sostenibilità dei progetti, intervento multisettoriale, intersettoriale ed integrato, sviluppo umano, interpretazione delle realtà locali, medicina tradizionale, assistenza sanitaria di base, ed altro) ha suggerito gli elementi e le priorità essenziali dell'intervento infermieristico di cooperazione sanitaria. Nel complesso, le fonti che hanno supportato il tentativo di tracciare il profilo professionale dell'infermiere espatriato nei Pvssono state sostanzialmente quattro.(SCHEDA 1)

Per una maggiore chiarezza, distingueremo le diverse situazioni ed ambiti in cui un infermiere è chiamato ad intervenire, cercando di evidenziarne le peculiari e principali attività. Con lo scopo di motivare la condizione generale (professionale, sociale, emotiva) che caratterizzava la situazione in cui è nato, nei singoli infermieri, il desiderio di un impegno nell'ambito della cooperazione sanitaria italiana, è stato chiesto ad ogni singolo intervistato (mediante i quesiti costituenti il primo blocco di domande) di ripensare al momento in cui, per la prima volta, ha scelto di sostenere un impegno di cooperazione. Le informazioni che emergono dall'analisi dei dati riferiti allo stato civile della popolazione osservata lasciano presupporre che l'impegno di cooperazione (per la sua portata) richieda al candidato il cosiddetto stato libero: infatti, 19 infermieri su 24 alla loro prima esperienza non erano sposati. L'ipotesi che l'impegno di cooperazione e lo stato matrimoniale si condizionino reciprocamente è, in parte, sostenuta dagli stessi infermieri: "Sa, quando si ha una famiglia diventa difficile andare all'estero...lei forse sa che a dicembre è stata uccisa un'infermiera volontaria, proprio in Somalia"}2 "Dopo poco tempo dal mio rientro in Italia mi fu proposto di ripartire: questa volta si trattava di andare in Somalia (,..) in questo caso, sia perché avevo una certa età, sia per l'opposizione della mia famiglia, decisi di non accettare la proposta" \3 Va ricordato che ciò è vero solo in parte, poiché la maggioranza degli infermieri intervistati, pur essendo attualmente sposati ed avendo un proprio nucleo familiare, continua e/o si dichiara ancora disponibile a partecipare alle attività di cooperazione. Da un punto di vista professionale, la maggioranza degli intervistati (16 su 23) ha affrontato la sua prima esperienza di cooperazione sanitaria italiana (CSI) con l'incarico d'infermiere professionale, mentre negli altri casi si è trattato d'infermieri abilitati a funzioni direttive (4), dirigenti dell'assistenza infermieristica (1), assistenti sanitari (2) e infermieri specializzati in ostetricia (1). Il loro titolo di studio, nella quasi totalità dei casi (20 su 24) è rappresentato dal Diploma di scuola media superiore, mentre il resto di essi è in possesso di una Laurea (1) o di un Diploma di scuola media inferiore (3). Per quanto concerne le motivazioni che hanno spinto i singoli infermieri verso questo specifico ambito, la maggioranza di essi (13 su 24) ritiene determinante o in ogni caso importante (10 su 24) la motivazione solidaristica. In ordine di priorità quest'ultima è seguita da quella professionale, ritenuta da alcuni (11 su 24) importante e da altri determinante (6 su 24) o poco importante (6 su 24). Alla motivazione religiosa, invece, la maggioranza (8 su 24) attribuisce un valore irrilevante. Negli altri casi è considerata da un eguale numero d'infermieri (5 su 11) importante o poco importante, mentre soltanto in due casi è ritenuta determinante. La motivazione politica, in nessun caso, è considerata determinante. Nella maggioranza dei casi, infatti,  essa è ritenuta irrilevante (9 su 24) o comunque poco importante (6 su 24), mentre meno di un terzo del campione la considera importante. Alla luce dei dati di cui sopra, è comprensibile e piuttosto prevedibile la prevalenza della motivazione solidaristica (uno dei pilastri fondamentali della cooperazione internazionale) e la relativa importanza

 

segue parte 2

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10 Le Ong in questione sono le seguenti: Medici Senza Frontiere, Movimento Liberazione e Sviluppo-Movimondo (entrambe con sede a Roma), Centro di Educazione Sanitaria e Tecnologie Appropriate Sanitarie e Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau (entrambe con sede a Bologna)

11 La distribuzione, per sesso ed età, della popolazione osservata ha evidenziato una prevalenza femminile (15 su 24) ed un'età media di trentacinque anni.

12 Intervista a C.L.: un'infermiera volontaria in servizio presso la Croce Rossa Italiana

13 Intervista a C.A.: un'infermiera volontaria in servizio presso la Croce Rossa Italiana