MORTE

DI UN MUSICISTA BLUES

Idea per un monologo ospedaliero: quando il teatro è al servizio della crescita intellettuale dell’infermiere.

Ancora una volta sarà Lorenzo Marvelli a farci riflettere con i suoi toni netti, precisi, che ci obbligano a guardarci dentro. Un pezzo forte, una riflessione profonda sul nostro operare quotidiano. E una chicca: il pezzo che state per leggere diventerà inscenazione teatrale alla Convention di Infermieri Eretici. Buona lettura.

 

Voce fuori campo:
- Si è spento all’età di trentasei anni presso il reparto di rianimazione del nostro ospedale, un noto musicista blues.
Ne diamo il triste annuncio tutti... proprio tutti.
... anche se nessuno ci ascolta!

Il musicista blues:
-Ho questa cazzo di luce in faccia. E’ così bianca, così fastidiosa che percepisco la sua presenza anche ad occhi chiusi; e poi questo caldo, un caldo infernale, opprimente. E’ il calorifero qui vicino, non c’è un umidificatore neanche a pagarlo... che afa!
Ho bisogno di aria, devo assolutamente respirare... ma no, no, non quest’aria secca... cosa fai, ehi tu... toglimi la maschera dalla faccia, non voglio respirare quest’aria... no, no!
Cristo, non riesco a muovermi, ho i polsi legati da ore... ma dove sono? E voi chi siete? Sì, dico voi, chi siete? Perché fate finta di non sentirmi, sono qui, sdraiato su questo cazzo di letto! Allora, volete almeno guardarmi?
Vi prego, ho caldo, qui è un inferno e la luce...
Spegnete la luce, non ho bisogno di vedere, voglio riposare, voglio riposare in pace...
Sono andati tutti via, non sento voci se non uno strano rumore, un rumore ritmico e fisso che mi entra nel cervello.
E’ il rumore del cuore, il mio cuore che batte, beee beee beee... non voglio sentirlo, chi se ne frega del verso del cuore? Beee beee beee... che palle, volete farmi morire, eh bastardi!!
Ma dove siete tutti?
Ooooh, sto male, vi prego, aiuto, aiutooo!
Nessuno, nessuno.
Prima non era così, no, prima mi bastava uscire di casa per avere tutti intorno.
Ero una stella prima, musica e successo...
A proposito dov’è la mia chitarra... ehi, bastardi, mi avete fregato la chitarra! Voglio la mia chitarra, non vivo se non ce l’ho.
Ehi voi, ma dove cazzo siete, vi prego, la chitarra...

Suonavo il blues prima, o meglio, mi lasciavo suonare dal blues, gli aprivo le porte dell’anima e lasciavo che mi possedesse, lasciavo che mi facesse male, che mi facesse soffrire.
Così, proprio così, ed io gridavo quel dolore, lo gridavo con forza e passione sino a sentirne il graffio sulla gola.
Mi piaceva il sangue della mia musica e più soffrivo più riscuotevo successo; divenni una star grazie al dolore che mi martoriava l’anima.

Cazzo, che caldo... Ehi voi, ma sapete chi sono? Sono "il re del blues crudele", sono...
"Il blues crudele".

Così diceva di me la tipa della rivista che venne ad intervistarmi dopo un concerto.
Ero così "fatto"  che rispondevo alle domande incidendomi con una lametta il braccio.
Sì, ora ricordo: bella domanda... succhio il sangue dai tagli. Domanda del cazzo... via giù con la lametta, zac! E la tipa con la mano sugli occhi: "Ma che fai... che schifo!".
Che faccio un cazzo, te lo do io il blues crudele, stronza!
Piacevo in questo modo, mi amavano se stupivo, se esageravo, se facevo casino.

Eccovi di nuovo, bastardi... cioè, no, scusate, insomma, volevo dire che, ehm, sapete com’è, qui fa caldo, ma dove sono, perché fate finta di non sentirmi, e cosa volete farmi con quel tubo, ehi tu, sì tu vestita di bianco, toglimi le mani di dosso, aiutoooo, il sangue, il sangue, il tubo in gola, collegato alla macchina, tunf tunf tunf, la macchina comanda il mio respiro, tunf tunf, toglietemi il tubo, tunf tunf, slegatemi i polsi, tunf tunf, cosa fai con quella siringa, no...no... stronzi, bastardi tutti!

L’ambulanza, ora ricordo, lo schianto con la moto, sì, ora ricordo, la corsa in ospedale...
Mi piaceva correre con la moto, così, senza una meta precisa; preferivo i percorsi senza curve, i lunghi rettilinei, davo gas e vaaai! 100, 200 all’ora e poi d’un tratto lasciavo il manubrio, sollevavo il tronco ed affrontavo la barriera dell’aria con le braccia aperte ed il viso sparato in su, verso il cielo... che forza!
Mi piaceva correre con la moto, mi piaceva sentire la paura, il dolore della paura, e poi trasformare quell’angoscia con la chitarra: l’aria diventava musica, il rumore del motore diventava musica.
Fu mia sorella a regalarmi la chitarra.
Lo fece prima di morire di crepacuore.

Oggi la chitarra è mia sorella o mia sorella è la chitarra: rendo l’idea, no?
Voglio dire che non posseggo altro che quella maledettissima chitarra che voi, dottori ed infermieri, mi avete fregato
Sì voi, voi che non smettete di guardarmi, di toccarmi, di costringermi, di manipolarmi, di iniettarmi, di nutrirmi.
Ma guarda che facce!
Cosa credevate, di avere davanti un pezzo di carne, un animale inerme ed insensibile.
Io vi sento bene ed ho capito, ho capito!
Ho capito che sono in questo cazzo di ospedale e voi me ne state facendo di tutti i colori per salvarmi: tubi, macchine, iniezioni, scariche elettriche, violenze, violenze...
Ma chi credete di essere voi, una schiera di Santi miracolosi?
Tu, proprio tu con quella siringa in mano, godi a bucarmi le braccia, lo fai tre, quattro, cinque volte e ti accanisci con le mie vene che non ti sopportano più.
E l’altro, quello che ti è vicino; mi da le spalle, sembra non essersi accorto che esisto. Ha a che fare con il suo monitor, si diverte ad innescare i beeep che mi distruggono le orecchie.
Sì le orecchie! Perché io ci sento, ci vedo.
Io, prossimo alla morte, sono vivo, esisto anche se per questi ultimi istanti.
Non vi lascerò abusare del mio corpo, non vi darò la gioia di vedermi resistere alle vostre torture. Non lo farò perché non lo avete meritato.
Mi avete fregato la chitarra, non avete ascoltato la mia sofferenza, vi siete accaniti contro la mia malattia e non vi siete accorti che, dietro quella, c’è un corpo, un corpo di carne ed ossa.
Non vi ragalerò le mie vene, la mia trachea, i miei reni, ecco, guardate... fermo il mio cuore, ascoltate l’urlo d’allarme della macchina infernale: beep, beep, beeeeep!
Sì correte, affrettatevi, scaricatemi la corrente sul torace, zzzzzz, zzzzzz: poveri illusi!
Mi avete fregato la chitarra, mi avete rubato l’ultima possibilità di concedervi lo sguardo.
Correte illusi, correte... non ce la farete mai!
Ho vinto, ho vinto, ho vinto!
Beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeep!!

LORENZO MARVELLI

     

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...continua

 

 

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